Paure e Timori ai tempi del Coronavirus
Un tempo delicato quello che stiamo attraversando… molte sono le cautele che ci troviamo a considerare e a cui attenerci. Pensiamo ai gesti… che ci accompagnano nei momenti di incontro con l’altro… e su cui moduliamo la conversazione e il dialogo. Gesti che facciamo da tempo, i saluti agli amici e parenti, la stretta di mano, la carezza alla persona a cui si vuole bene, la paura attraversa il pensiero … Ho lavato le mani? E anche se le ho lavate disinfettate, occorre fermare il gesto, un dialogo del corpo trattenuto. L’esperienza che stiamo vivendo ci chiede di cambiare le nostre abitudini, quelle di tutti i giorni che fanno parte di noi, abitudini che comunicano messaggi … un abbraccio, il farsi più vicino… abitudini spontanee. Perfino i gesti, movimenti inconsapevoli verso di sé richiedono di essere pensati, non sfiorare gli occhi… la premura di non toccare il viso… l’attenzione a spostare i capelli con il braccio…
Il timore di potersi e poter eventualmente inavvertitamente contagiare entra nella vita quotidiana, gesti controllati per prevenire. Richiama la paura dell’estraneo, l’alieno da sé, ciò che non è conosciuto e potrebbe stravolgere. Ma chi o cosa è l’estraneo? Il virus… l’altro da sé … noi per gli altri… qualcosa nel profondo che era lì assopito… La paura si disloca in paure… tante e diverse.
In questi tempi, vissuti surreali dalla maggior parte di noi, possono emergere angosce a volte arcaiche come verso il “non visto” non percepibile ma nella sua possibilità di essere presente nel reale, non solo di passarci accanto, ma di poter sconfinare nel nostro personale vivere.
L’incertezza accompagna ciò che c’è. L’incertezza del domani, e non solo… anche di come sarà quel dopovirus, scuote le nostre pieghe personali sempre abituate alla ricerca di organigrammi e organizzazioni programmate schedulate per rassicurare e tacitare il timore dell’imprevedibile. Cosa accadrà dopo… e già pensare al dopo è rassicurante. Come impatterà su quel viverci i nostri rapporti anche attraverso la gestualità, i movimenti, la distanza di sicurezza di ora, che prima del virus era considerata nel significato psicologico di non invadere lo spazio personale percepito appunto per lo più nella misura di un metro tra sé e l’altro. Un senso atavico di protezione innata verso la propria incolumità?
A questo si aggiunge il sentimento di sentirsi confinati. Può venire in dubbio il senso di sé come se vacillasse l’immagine del proprio sentirsi ed essersi collocato nell’ambito sociale… in questo momento ci si potrebbe sentire equiparati al fantasma o al concretizzarsi, presentificarsi di un virus. Ci si ritrova a vivere man mano giorno dopo giorno e perfino ciò che prima poteva essere percepito come un dovere, il lavoro fare la spesa accompagnare i figli a scuola studiare, una ritualità a cui chissà quante volte possiamo aver desiderato sfuggire evadere cambiare, ora rappresenta una possibilità non più data per scontata. Quando dobbiamo abbandonare, seppure momentaneamente, le cose di propria consuetudine… le rappresentazioni di sé e delle persone care… il senso di prefigurata continuità… può vacillare il senso di sicurezza ed emergere paura timore davanti a una non più presunta incrollabilità. E’ una paura ancestrale insita nell’essere umano che si chiede del domani e in questo momento non sa darsi una risposta.
I timori e le paure che accompagnano questo tempo, possono essere diverse, anche a secondo della propria storia personale, potrebbero sfiorare inoltre aspetti lasciati da tempo in disparte oppure essere contingenti alla situazione del presente. Possono comunque farsi sentire in modo significativo e chiedere di essere accolte ed ascoltate per poi poterle lasciare andare.