Si sveglia…, come tutte le mattine si chiede che ore sono anche se lo sa È la stessa ora le sette, almeno fossero le 7,05! Quei cinque minuti solo suoi, strappati alle corse di sempre, al lavoro, alla colazione, ma no vediamolo nella giornata: che saranno mai cinque minuti, neanche riesco a vederli. Eppure come se li sente tiepidi quei minuti solo suoi.
Massì, li tolgo al trucco, metto le scarpe basse così corro più veloce, li scalo alla coda in auto. Oddio la coda, se aspetto cinque minuti saranno mezz’ora!! Gira le lenzuola, che fatica uscire dalla tana, la chiama così, seduta sul letto- al rallentatore – un attimo. Suo malgrado si trova alzata, si gira di poco col busto per prendere le cose sul comodino, e lo guarda. Lo fa tutti i giorni, anzi tutte le mattine, quel movimento mezza rotazione e una leggera inclinazione, chissà perché questa mattina si ferma lì, mezza rotazione e … niente piegamento.
E’ sdraiato sotto le lenzuola, dorme, non si accorge che lei lo sta fissando, da quanto tempo le sue mani non sono su di lei?! Da quanto, lei neanche se lo chiede?! Sembra sereno, almeno lui, tante cose “sembrano”. Boh
Un grugnito di lui la scuote i cinque minuti questa mattina mi hanno fatto male! Ma non riesce a darsi una mossa. Va, non con calma – la calma è un’altra cosa, strisciando i piedi in bagno e — si guarda. Lo fa sempre, un’occhiata, sì esisto e via. Ma oggi si guarda. Davanti allo specchio, in piedi. Dovrebbe essere già con la testa sul lavabo a insaponarsi, a sentire il profumo del bagnoschiuma che si è scelta, ma lo sente ancora quel profumo? Invece è lì si guarda, come se non fosse lei. Anzi è proprio lei. E quell’occhiata di un secondo di tutti i giorni, dei soliti giorni, le sembra essere stata un fantasma, un’apparenza, forse un’ombra. Non riesce neanche ad afferrarla nella memoria, un po’ questo la spaventa. Incredibile non mi ricordo di me. Adesso è lì, adesso c’è, non si preoccupa se si ricorderà.
Ho le guance cadenti, da quando mi sono venute le guance così? Che prima le avevo all’insù? Avevo tutto all’insù, gli occhi il naso e guardandosi anche più in basso era tutto all’insù. Forse è il peso che sento dentro che mi ha fatto venire tutto verso il basso. Ma dov’è questo peso? Non lo vedo, lo vedessi lo butterei, ma se neanche alzo le braccia da come mi sento. Ho ragione non c’è nessun peso, la pesantezza è tutta me. Guarda le spalle, non le sono mai piaciute troppo dritte, meglio quelle della mamma, morbide, le donne hanno le spalle curve. Beh, le mie sono così, mica le posso cambiare, anzi… sono all’ingiù anche loro adesso! E non me ne ero accorta, e poi queste sono verso il basso, non sono morbide. Sembrano dormire
Quella sensazione di pesantezza se la sente dovunque, la tira verso il basso, forse il mio posto è sul pavimento. Non lo guardo perché mi ci sdraierei.
Cosa penso? E’ solo oggi che è così, capita un giorno con i cinque minuti in più.
Vuoi vedere che è per questo che si dice- avere i cinque minuti. Ma no, vuol dire un’altra cosa. Beh, allora i cinque minuti sono tutti miei, li ho pensati io. E se li sente davvero suoi, familiari, mmmh non trova la parola, sono lei, piccoli piccoli. Ma infatti, come faccio a sentire tutto questo peso, ma se sono magra. E se sono aumentata, non mi sono accorta e sono aumentata di peso?! Come per tutto il resto? Se mi è sfuggito l’ago della bilancia?
Intanto come un automa è vestita, lei allo specchio, l’immagine al suo sguardo. Qualcosa sale agli occhi, e non trova le lacrime. Non si condensa, è una sensazione rarefatta. Diffusa. Forse è talmente verso il basso da non riuscire a salire. La forza di gravità governa anche le lacrime? Il pensiero si fa strada, e quello chi lo ferma? Eppure scalcia, era lì ma mi è scappato… Avrò la depressione? Impossibile! Perché non esiste un punto esclamativo più grande di così!!!! Eppure il desiderio lento di abbandonarsi a quella parola la prende tutta, è già dentro di lei.
Accorgersi che qualcosa non va, accostarsi a quel malessere tenuto velato a se stessi, può risultare sconvolgente. Un chiedersi- Io chi sono?
Ed è questo che spesso stupisce e disorienta, intuire, a volte anche solo per un momento, che l’estraneità del presente accompagna da tempo. Il senso di smarrimento che segue, segnala a sé che ci si sta guardando, un istante di ascolto a ciò che dentro agita. Come Alice, un giorno, cinque minuti, e non è più come gli altri giorni. Eppure era lì, davanti allo specchio tutte le mattine, nel suo cuore tra i battiti di ogni momento.
E’ il passare da quella “calma piatta” confusiva, un senso di apatia, che stagiona dentro di sé, a quell’attimo in cui sembra di aprire gli occhi sul non vedersi.
E allora seppellire le domande??? che si aprono nella mente? Appaiono domande a cui non si riesce a dare forma e di cui rimane solo l’interrogativo.
Poi ritorna ad essere indistinto, il malessere, non distinguere cosa e come. Il silenzio torna a farsi sentire. E’ troppo in una volta.